venerdì 28 novembre 2014

Il potere dell'empatia e del legame

Condivido volentieri il celebre video sull'empatia tratto dal discorso di Brené Brown con sottotitoli in italiano: un video semplice e intenso per comprendere l'empatia e il suo ruolo nella vita di ognuno di noi, anche e non solo nel rapporto terapeutico.
Una nota: l'empatia riguarda la nostra "capacità di esserci e stare con l'altro" non solo quando chi abbiamo di fronte è in difficoltà, ma anche quando è felice. L'empatia ci permette di essere in pieno contatto con la persona lì davanti a noi, un contatto che non implica perdersi nell'altro ma sentire pienamente.

mercoledì 15 ottobre 2014

VIVERE MEGLIO E STRESSARCI MENO? UN'ARTE TRA CORPO E MENTE.

La leggerezza non esclude l'intensità e l'impegno, 
anzi aggiunge sapore al vivere e rende più tollerabili i pesi.
Vivere è un’arte, e così stressarci meno: occorre creatività e tecnica.
Ci serve ascoltare il corpo, avere fiducia nella nostra capacità di far fronte alla difficoltà, sviluppare soluzioni e, magari, ricorrere a delle strategie antistress. Ascoltiamo il corpo per scoprire che sentirci aiuta a rilassarci e proviamo tecniche. Per scegliere cosa trattenere e cosa lasciar andare.
Ne parleremo assieme
venerdì 24 Ottobre 2014 
alle ore 20,45 
a Settala presso l'Aula Consiliare in Via Verdi 8.
Col patrocinio del Comune di Settala si terrà, infatti, il secondo incontro dedicato a gestire meglio lo stress.

Gli obiettivi (come da locandina qui a lato):
Conoscere qui e ora il nostro stress;
Ascoltare il corpo;
Imparare a rilassarci;
Apprendere alcune tecniche cognitive, immaginative e corporee per la gestione dello stress
Relatore: Dr.ssa Gabriella Giunco
Partecipazione gratuita.  
Vi aspettiamo!

Un aforisma di serenità e riflessione

Chi ha ferite tace,
le medica ogni giorno,
sente sia la mancanza che la presenza,
porta ricordi di luce e colore ogni giorno.

martedì 14 ottobre 2014

Gestire lo stress: come riconoscerlo e quando ricorrere allo psicologo.


Se vi aspettate test o check list per verificare il vostro grado di malessere, qui non ne troverete, ce ne sono tanti in rete e il mio intento è un altro. Mi interessa portare l’accento su quello che conta dietro queste domande. 

Prendiamo qualche domanda dal primo test “scopri il tuo livello di stress” trovato in rete:

Vi succede spesso di dimenticare dove avete messo le cose?

Vi capita spesso di svegliarvi di notte pensando a quello che dovete fare domani?

Fate fatica a prendere sonno la sera?

Queste domande vi parlano di dati osservabili oggettivamente di malessere: lo stress non è solo un vissuto soggettivo (“mi sento sotto pressione”, “perennemente stanco”, “spremuto”, “disperato e impotente”), ma è anche un fenomeno con un volto dai connotati osservabili dall’esterno, a volte addirittura misurabili come le ore di sonno (perse), l’entità delle  occhiaie, la frequenza degli spuntini notturni in prossimità di una consegna importante, la pressione arteriosa che sale, come puntualmente indicato dalla macchinetta della pressione quando viviamo periodi duri.

Ci sono segnali oggettivamente osservabili di malessere, la situazione, però, si fa difficile se avete presente cos'è lo stress e come si manifesta, ma per capire come state vi occorre comunque rispondere a queste domande
Come dire che vi serve puntare su quello che si vede da fuori per capire come state voi dentro.

Eppure a volte tutti viviamo situazioni per noi così stressanti da alienarci da noi stessi, siamo così immersi in un ambiente difficile-ostile da pensare di non poterci permettere di dedicare un po’ di attenzione a come stiamo: siamo rivolti al 100% fuori di noi, presi a scrutare le situazioni e a capire come muoverci, fino perdere la consapevolezza di noi stessi. E così il collo diventa contratto, ma ce ne accorgiamo solo quando inizia a farci male. 

A una mia paziente questo è costato un ricovero: era incinta e così concentrata sul lavoro da dimenticarsi di bere e andare in bagno. Risultato: reni affaticati al punto da dover chiamare l’ambulanza. 

E' un caso estremo, ma quante volte non ascoltiamo come stiamo sotto la pressione delle cose da fare? 

A volte siamo magari così impegnati in un’attività da dimenticarci di avere un corpo e ricordarcelo solo quando manda segnali di dolore o quando qualcuno ci abbraccia (una bella opzione!).

Tutto questo ha un senso, almeno lo ha avuto in passato. 
La reazione di "stress" serviva ai nostri antenati per agire comportamenti di attacco e fuga quando la posta in gioco era vivere o morire: davanti a una tigre coi denti a sciabola occorrevano risposte immediate efficaci - ucciderla o scappare a gambe levate - non certo capire come stavamo di fronte alla tigre, nè se avevamo sonno o fame.

Il problema dello stress dell'uomo contemporaneo è la cronicizzazione, quando siamo costantemente tesi perdiamo lucidità, viviamo male e abbiamo una percezione annebbiata di come stiamo e dei nostri bisogni.

L’aspetto positivo è che questo annebbiamento con un atto consapevole di  ascolto di sé può sciogliersi. Ritrovarci nell’ascolto di noi stessi può fare molto per il nostro benessere.

Rispondete ora in modo secco, senza pensarci su, a questa domanda:

Quanto ti senti stressato da 1 a 10?

Il primo numero che hai pensato, prima di partire con gli aggiustamenti e le limature, dice molto di te in questo periodo.

Ora ti propongo una sintesi delle 5 stadi dello stress cronico:

1 : Stanchezza cronica (fisica e mentale, ci si alza stanchi, si rientra stravolti)

2 : Problemi interpersonali e autoisolamento (meno autocontrollo e più irritabilità portano a relazioni insoddisfacenti)

3 : Turbe emotive (aggressività, insicurezza, confusione, instabilità emotiva, perdita di efficienza, perdita di controllo).

4 : Dolori cronici (quando detto sopra e rigidità muscolari)

5 : Patologie da stress (quando sopra e crollo sistema immunitario)

In quale stadio ti riconosci?

Se ti trovi in una fase che corrisponde al tuo "livello-numero di stress”, bene, sai da dove parti!

Se noti una notevole differenza, vale la pena che ti ci soffermi: ad esempio, se ti vivi stressato a livello 6, ma sei pieno di dolori cronici e contratture e ti ammali continuamente, stai sottostimando il tuo stress. Lavorare sull’ascolto di te stesso e sul tuo evitare di ascoltarti può essere buono per te.

Tornando alla questione posta nel titolo, ovvero quando ricorrere a uno psicologo per un aiuto nella gestione dello stress, il tema è ricchissimo e sfaccettato.

Dietro un vivere fortemente stressati spesso ci sono dinamiche che riguardano un modo più ampio di stare al mondo, un modo spesso profondamente disfunzionale per il nostro benessere che abbiamo imparato nella nostra storia.

A volte notiamo intere vite spese in modo disfunzionale, magari brillanti da certi punti di vista, ma stressate e infelici. Se come Napoleone non siamo capaci di stare nei vuoti e di assaporare le vittorie, se quello che facciamo non è mai abbastanza, allora saremo alla perenne ricerca di successi e non godremo di nessuno di essi. Ci stresseremo cercando ciò che non ci serve, trascurando i nostri veri bisogni. Napoleone sa tutto del successo e del potere, ma perennemente stressato a Sant'Elena dichiara: "non sono stato felice un solo giorno della mia vita".
Meglio intervenire prima sul nostro modo di vivere! 

Altri modo per stressarci a vita? Il modello della crocerossina e quello del compiacente: sia aiutare tutti per forza, sia cercare di piacere a tutti implica perseguire due obiettivi impossibili. Entrambi sono validi strumenti per vivere costantemente frustrati e stressati. Entrambi ci tolgono ogni possibilità di scegliere una vita davvero nostra, lasciando che siano i desideri degli altri a plasmarla.

Su questi e su altri modelli disfunzionali si può intervenire e si può fare molto col supporto di un professionista. Altre volte è una situazione oggettivamente pesante (es. un lutto, una separazione) a portare le persone a cercare occasioni di ascolto e sostegno di uno psicologo.

In ogni caso, gestire meglio il vostro stress è “qualcosa che scegliete di fare per voi”. Un dono per la qualità della vostra vita. Il modo, da soli o accompagnati, sta a voi e ai vostri bisogni.

martedì 16 settembre 2014

Conoscere lo stress per vivere meglio: tempo per te.




Un ombrello perchè a volte ne vorremmo uno contro le intemperie della vita... un ombrello perchè capita che la soluzione a volte sia costruirci il nostro ombrello, altre volte si tratta di vedere in modo diverso la pioggia o i nostri abiti bagnati, altre volte ancora occorre accettare che non ci sono ombrelli o che è inutile aprirli.

Ricordo le parole di una canzone 

"se piove non aprire l'ombrello, aspetta il tuo giorno di sole". 
Sì, affrontare giorni di pioggia e giorni di sole. La gestione dello stress riguarda tutto questo e impatta sulla qualità delle nostre giornate e sul nostro benessere.


Oggi nessuno è immune allo stress, ma ognuno lo vive a modo suo.

Come ci stressiamo ci dice molto di come viviamo, scoprirlo può aiutarci a recuperare la possibilità di scegliere.
Cos’è lo stress e come funziona? 
Cosa ci stressa? 
Cosa possiamo cambiare? 

Col patrocinio del Comune di Settala, ne parleremo assieme VENERDI 26 SETTEMBRE 2014 dalle ORE 20,45 presso l'Aula Consiliare in Via G. Verdi 8/C a SETTALA.
Partecipazione gratuita.

Per saperne di più, date uno sguardo alla Gazzetta Martesana del 22 Settembre (pag. 41):


seminario gestiamo meglio lo stress a Settala






venerdì 21 marzo 2014

Come affrontare i momenti difficili? Crisi e risorse




Per parlare di come affrontare una crisi (crisi lavorativa, di coppia, esistenziale …) sento ha senso per me partire da una crepa in ceramica. Circa un anno fa un amico urtò e ruppe un vaso cui ero molto affezionata, uno di quei grossi vasi stile etnico. Ne restò il guscio principale e tre pezzi che, incastrati bene a mosaico, permettevano di ricomporlo. Un quarto e ultimo pezzo però non voleva stare al suo posto, così il vaso è rimasto ricomposto quasi del tutto, ma senza un pezzo per diverso tempo, finché un giorno guardandolo bene ho avuto un pensiero illuminante: ora che è rotto e gli manca un pezzo posso vedere come è fatto dentro. E subito ho pensato a me. Vivevo un periodo doloroso e quel vaso mi diceva molto. Mi invitava a tenere gli occhi aperti, di fronte allo squarcio aperto.

Nei momenti difficili spesso ci conosciamo meglio, scopriamo voragini, ma anche e soprattutto risorse. Risorse luminose
Avevo visto tutto questo all’opera nei miei pazienti, avevo constatato il meraviglioso meccanismo per cui una persona inizia un percorso, tocca il fondo, e poi inizia a risalire come non avrebbe mai fatto senza la spinta destrutturante della crisi, la voglia di guardarsi e di mettere le mani in pasta che a volte solo le difficoltà e le rotture stimolano. Ora vedevo tutto questo anche in me.

E potersi conoscere di più proprio nei momenti difficili non è il solo messaggio del vaso rotto, per poterlo cogliere occorreva io guardassi davvero e questo ci porta a un altro aspetto importante: quando stiamo male è il momento di tenere gli occhi ben aperti, ampliare la nostra percezione, resistere alla tentazione di chiudere gli occhi e smettere di ascoltarci. Anestetizzarci evitando di aprire gli occhi non accorcerà i tempi del dolore, nè accelererà la soluzione della crisi. Anzi. Ognuno di noi ha sperimentato che è caso mai vero il contrario. 

Una volta guardato lo spiraglio su di noi aperto dalle difficoltà, si apre il momento del "Cosa me ne faccio di questa cosa che ho scoperto su me e il mondo intorno a me affrontando la crisi? Come mi può aiutare a stare meglio? Come mi può aiutare a rimettermi in piedi?". E qui si apre la ricostruzione, la ricomposizione: ci rimettiamo insieme, cerchiamo di farlo nel modo migliore e questa ricomposizione ci può dare soddisfazione e forza. E allora kintsugi!


affrontare la crisi
Dare valore alla ricomposizione.
Mi spiego meglio, quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, ad esempio una tazza, non si preoccupano di nascondere la riparazione, né esultano come noi quando diciamo: “ecco, è come nuovo! Nessuno direbbe che prima era rotto, vero?”

La loro prospettiva è diversa, esaltano la ricomposizione e nel farlo valorizzano la crepa riempiendo la frattura con dell’oro. Pensano che quando qualcosa ha subito una ferita e ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata "Kintsugi", che significa "riparare con l'oro" ed è una pratica che nasce dall'idea che dall'imperfezione e da una rottura possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione e pienezza interiore. Oro, metallo prezioso e ben visibile, al posto di colla, materiale adesivo trasparente.   

La differenza è tutto qui: nascondere l’integrità perduta o esaltare la storia della ricomposizione?  

E prima ancora il punto è: mostrare la rottura, se non altro a noi stessi, accettandola fino in fondo, o celare la rottura, le imperfezioni agli altri e magari anche a chi vediamo allo specchio ogni mattina?   

Si tratta di scegliere: fare i conti con la rottura, la crisi esistenziale, “gli urti della vita” , prendendone atto fino in fondo per poi partire per la ricomposizione convinti del valore del “ricostruirsi”, o cercare di nascondere la rottura, non guardare quello che non va e abilmente evitare che gli altri ci facciano caso? 

Scegliere l’una o l’altra via implica un atteggiamento ben diverso nei confronti della ricomposizione: nel primo caso ripararsi è una conquista che dà soddisfazione profonda, é come dire “ho vissuto, ho sofferto, mi sono rimesso in piedi” – le crepe del vaso rotto non le riempiremo forse d’oro, metodo un po’ dispendioso, ma guarderemo con soddisfazione il nostro vaso-sè rimesso insieme, ricordando come si è rotto e soprattutto come lo abbiamo riparato. Si tratta di un’idea ben lontana da quella che guida molte persone ferite, che attraversano momenti difficili e si vivono interiormente come rotti e giorno per giorno recitano la parte di quelli che stanno bene, che non hanno nessun problema e “sono come tutti gli altri”. 

Spesso facciamo un po' fatica a far pace con le crepe: la nostra cultura ci ha insegnato che esistono soltanto due opzioni: intatto o rotto. E se è rotto, la colpa è di qualcuno o va comunque addossata a qualcuno. Valorizzare la ricomposizione implica sia necessario ammettere e vivere appieno la rottura. Il pensiero orientale, in questo senso, integra il nostro, ci suggerisce che la vita è integrità e rottura insieme, ri-composizione costante e infinita. In fondo tutti sappiamo che l’inverno è necessario alla primavera, non possiamo ricostruirci se non partendo dall’accettazione del fatto che a volte qualcosa nella nostra vita è crollato, è scomparso, perchè non poteva essere eterno, perchè siamo cambiati o perchè non era forse mai stato costruito in modo solido. 

Il dolore è parte della vita. A volte una parte importante, a volte meno, ma in entrambi i casi è una parte del puzzle, del grande gioco della vita. Il dolore solitamente fa due cose: ci ricorda che siamo vivi e quando passa, se lo abbiamo affrontando senza chiudere gli occhi, ci ritroviamo un po' cambiati, più saggi, più consapevoli. E quanto tutto ciò avviene ci amplia lo sguardo sulla realtà.
Il senso di ascoltarci nei momenti difficili, eventualmente col supporto di un esperto, è quello di far sì che la crisi non sia sterile, ma possa svolgere fino in fondo il suo compito, traghettandoci verso una maggiore maturità e una vita più ricca di possibilità e benessere. Sì, possibilità e benessere.